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Stefano Pivato, scrittore, storico, ex Rettore dell’Università di Urbino, fresco vincitore del Sigismondo d’oro, grande appassionato di ciclismo. È autore fra l’altro del libro “Storia sociale della bicicletta“ in cui spiega come il ciclismo sia sempre stato lo sport dell’uomo comune. Bici dunque come strumento di svago e di lavoro, ma anche simbolo di libertà.
Il Tour de France l’anno prossimo sarà per la prima volta a Rimini. Che differenza c’è fra Giro d’Italia e Tour?
“Un grande scrittore e poeta come Alfonso Gatto sosteneva che tra Tour de France e Giro d’Italia c’è la stessa differenza tra impressionisti e macchiaioli”.
In che senso?
“Il Giro è il parente povero del Tour che nasce nel 1903, mentre il Giro nel 1909. Ma hanno la stessa system. In Italia venne promosso dalla Gazzetta dello sport, in Francia dal giornale Auto-Vélo. L’intento period lo stesso: vendere più copie e aumentare la produzione di biciclette”.
Perché il Tour è così popolare?
“Perché ha una letteratura sterminata. Pensiamo a Roland Barthes, il padre della semiologia, cube che “il Tour apparecchia una vera e propria geografia omerica. Come nell’Odissea la corsa è un banco di prova e, al contempo, esplorazione universale dei limiti terrestri“”.
Un’epica che affascina?
“Tra gli anni ’40 e ’ 50 la migliore letteratura italiana va al Tour, Orio Vergani, Annamaria Ortese, Alfonso Gatto seguono la corsa francese”.
Un fenomeno popolare?
“Sì ma anche moderno, prima dell’avvento dell’vehicle, la bici rappresentava la modernità. La bicicletta diventa grande in Francia pur essendo nata nel Regno Unito. Infatti nell’Esposizione Universale del 1889 è protagonista insieme alla Tour Eiffel. Viene ribattezza la petit reine, la piccola regina”.
Cosa può rappresentare il Tour per Rimini?
“Le corse ciclistiche a tappe sono tra gli eventi sportivi più seguiti al mondo. è chiaro che la molla è la promozione del Paese che ospita la corsa. Quindi per Rimini è un veicolo di promozione turistica enorme”.
Ma non è che poi ’i francesi s’incazzano…’ come canta Paolo Conte?
“La canzone fa riferimento al Tour del ’50. Dopo che nel ’48 aveva vinto Bartali e nel ’49, Coppi. L’anno successivo Magni period maglia gialla. E i ciclisti italiani vennero presi a sassate durante una salita. Oggi tutto questo è scomparso. È diventata una festa globale, culturale”.
A proposito, si sono celebrati i 30 anni dalla morte di Fellini, come è cambiata Rimini culturalmente in questo tempo?
“E’ cambiata molto dagli anni ’90. Una volta non c’erano i contenitori: non c’erano il Fulgor, il Galli, gli Atti”.
Parlando di contenitori, si è aperto un dibattito tra Novelli e Astoria. Lei che ne pensa?
“Secondo me dal punto di vista culturale non c’è partita, mi orienterei sull’Astoria, perché chiude un cerchio ideale. Abbiamo il teatro Galli per prosa, lirica e classica, il Fulgor rappresenta la festa del cinema a gli Atti ospita la prosa minore. Quello che manca a Rimini è un luogo per le arti performanti. Dalla musica alle rappresentazioni teatrali che sono spettacoli, ma anche e soprattutto momenti di aggregazione importanti”.
Come vede Rimini capitale della cultura?
“È una partita difficile, perché ci sono tante città che competono, ma se dovesse succedere sarebbe un bel riconoscimento”.
Carlo Cavriani
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